Dal 2020 al 2022, abbiamo assistito ad un vertiginoso aumento dello sviluppo della telemedicina a tutti i livelli istituzionali e a un’enorme quantità di linee guida che cercavano di stabilire un quadro preciso per la corretta attuazione di questo tipo di assistenza sanitaria a distanza. E’ datato 2022 il primo decreto ministeriale che finalmente definisce, con forza di legge, le linee guida per il servizio di telemedicina nel nostro paese: “Approvazione delle linee guida per i servizi di telemedicina – Requisiti funzionali e livelli di servizio”.
Firmato dal Ministro della Salute e dal Ministro della innovazione tecnologica, viene pubblicato in gazzetta ufficiale il 2 novembre 2022. Riprende i contenuti delle precedenti linee guida definite tramite accordi stato regioni definendo nel dettaglio come deve essere organizzata una prestazione di telemedicina. Vengono descritti i servizi minimi che ogni regione deve erogare: televisita, teleconsulto, telemonitoraggio e teleassistenza.
L’eleggibilità del paziente a tale tipo di visita è a giudizio insindacabile del medico che deve valutare 4 parametri chiave: lo stato clinico, la tecnologia di cui dispone il paziente, la cultura e il livello di autonomia (se ha a disposizione, per esempio, un caregiver).
Per erogare tale tipo di servizio si ha necessità di individuare un centro erogatore, composto da medici e operatori sanitari, e un centro di servizi che si faccia carico di tutti gli aspetti tecnologici, quali la gestione del server e l’eventuale servizio di help desk a disposizione del paziente. Il decreto si inserisce all’interno del punto 6 del PNRR che ha come missione il potenziamento di tutta la sanità domiciliare, ricorrendo anche alla telemedicina.
Dal lato loro le aziende farmaceutiche, in collaborazione con le associazioni pazienti, hanno all’attivo diversi progetti per il telemonitoraggio dei pazienti. C’è per esempio un progetto, in collaborazione con la SIN (Società Italiana di Neurologia) e l’associazione pazienti sclerosi multipla, che ha l’obiettivo di definire un modello di gestione del paziente con sclerosi multipla (SM) in un ecosistema digitale, analizzando l’applicabilità di percorsi di telemedicina e di e-Health.
Il progetto si propone di contribuire a migliorare la qualità di vita delle persone affette da questa malattia neurologica, riducendo al contempo i costi socio-sanitari ed emotivi della patologia, di integrare il domicilio nei luoghi di cura, regolando così il carico di accessi nelle strutture ospedaliere e sperimentando nuovi modelli clinici di telemedicina e “connected care”.
Un altro progetto riguarda il monitoraggio dei pazienti con scompenso cardiaco, che in Italia sono oltre 1 milione e che, se ospedalizzati, hanno un grosso impatto a livello di costi sul SSN. Rimanendo sempre in ambito cardiologico, inoltre, al congresso ESC22, conclusosi da poco, sono stati presentati 4 diversi studi in cui l’intelligenza artificiale (AI) è utilizzata per il monitoraggio e la prevenzione primaria in ambito cardiovascolare. In particolare, uno di questi studi ha evidenziato che lo screening con comuni smartphone ha aumentato significativamente il tasso di rilevamento di fibrillazione atriale in pazienti anziani. I risultati sono da poco apparsi sulla prestigiosa rivista Nature medicine.
Il 2023 sembra quindi essere l’anno della svolta digitale per la concreta costruzione di una sanità, più digitale, personalizzata e sostenibile, rivedendo anche i processi a livello regionale per implementare la medicina territoriale. L’imperativo è però gestire al meglio il cambiamento, come dichiara il Prof. Mariano Corso, responsabile Scientifico Osservatorio Sanità Digitale Politecnico di Milano: “Occorre innanzitutto accompagnare il cambiamento, agendo non soltanto su tecnologia e infrastrutture, ma contemporaneamente su competenze e revisione dei processi e dei modelli organizzativi. Progettare sistemi usabili, interoperabili e sicuri “by design”, anticipando anche le esigenze di tutela della privacy e di valorizzazione dei dati.
Accompagnare in altri termini un cambiamento che non deve essere solo tecnologico e normativo, ma anche di comportamenti, cultura e modelli di cura. Il rischio altrimenti è non soltanto quello di perdere un’occasione irripetibile di modernizzazione la Sanità, ma di gravare il Paese di sovrastrutture disallineate dai veri bisogni che generano costi e finiscono con l’allontanare il cittadino dal Sistema Sanitario.”