COME SI PUÒ CONTINUARE A INNOVARE IN UN SETTORE COME QUELLO DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA, CHE DAGLI AFFICHES MURALI DEGLI ANNI ’20 È APPRODATO ALLA REALTÀ AUMENTATA DI UN SECOLO DOPO, CHE DALLA CARTA STAMPATA È ARRIVATO AI SOCIAL NETWORK? INNOVANDO, SOGNANDO E CERCANDO DI NON PERCORRERE MAI LA STRADA PIÙ SCONTATA: IL CREDO DI CARMELO CAMMARDELLA.
DI RICCARDO ROSSIELLO
IL GIOCO DI PAROLE, O MEGLIO DI ASSONANZE FONETICHE, NON PASSA INOSSERVATO. FRI COMMUNICATION COME FREE COMMUNICATION: COMUNICAZIONE LIBERA O LIBERTÀ DI COMUNICAZIONE.
Comunque la si metta, un concetto che si sposa perfettamente con gli ideali e la personalità di un sognatore come Carmelo Cammardella, padre e fondatore di questa agenzia di comunicazione, che con forza di volontà e intelligenza ha saputo rendere concreto ciò che all’inizio dell’avventura concreto non sembrava. Un seme gettato per caso nella mente fertile di un ragazzino, che negli anni ’70 viene a contatto col mondo del cinema, quando l’albergo di famiglia a Capo Palinuro d’estate diventa meta preferita di registi, attori, autori, tecnici e macchinisti che lo scelgono per la cena di fine lavoro. Cammardella ha soli dieci anni, ascolta e osserva con curiosità. È l’inizio di un viaggio che vive ancora oggi. Un sogno che Cammardella, propagandolo come un virus benigno, ha trasmesso a suo figlio Filippo e ai ragazzi della FRI Academy: un moderno laboratorio di sperimentazione, ricerca e creatività. FRI Communication è stata la prima a parlare di nuovi modi immersivi per connettere le professionalità. Quando ancora non esistevano le piattaforme multimediali, FRI usava lo streaming per portare a tutti la voce di quello che sarebbe accaduto, creando idee che poi si sono rivelate essere il futuro. Sfidando gli schemi per andare oltre le dinamiche della comunicazione. Partner delle altre culture, quando ancora l’Europa non era il grande palco sul quale si sta concentrando il mondo. E se non c’era il tempo giusto per capire, FRI Communication lo ha fermato per un istante per renderlo memorabile.
Oggi FRI Communication è una realtà che va oltre la realtà. Una dimensione che vive di alte condivisioni, senza mai stancarsi, senza mai smettere di osservare il mondo: il metaverso del domani.
CAMMARDELLA, LEI HA DEFINITO LA SUA AGENZIA UN INCUBATORE DI SOGNI. CONFRONTANDOSI CON LE NUOVE GENERAZIONI CHE LAVORANO IN AGENZIA, COME SI È EVOLUTO QUEL SUO PRIMO DESIDERIO?
I giovani sono l’evoluzione di questo mondo. Dobbiamo dare loro l’opportunità di fare esperienza e di crescere. Sono il futuro del mestiere e del cambiamento: del modo stesso di comunicare in Italia. Il passaggio di consegne ai giovani è il futuro della pubblicità. Tutto si evolve, tutto cambia: l’agenzia pubblicitaria non è estranea a questo processo. Non può non rinnovarsi anche lei. L’esperienza della mia generazione non deve esaurirsi nel vuoto. La storia delle grandi agenzie pubblicitarie è sempre stata legata a un grande fondatore, ma, come si dice dalle nostre parti: “passato il Santo, finita la festa”. Quando non c’è più il padre fondatore, ci si condanna a interpretare un ruolo: a fare il verso a se stessi. giovani hanno competenze diverse dalle nostre. Rappresentano energie preziose nella fase di cambiamento, anche delle agenzie pubblicitarie. Il loro compito è proprio quello di osare, di andare oltre gli schemi adottati finora. L’agenzia pubblicitaria deve raggiungere lo stadio 3.0 – il sistema azienda, un concetto che supera gli schemi classici – e i creativi devono diventare manager. La creatività non deve sottostare alle etichette. Il mio sogno è un sogno contagioso. Il sogno che avevo da bambino e quello dei giovani d’oggi rappresentano due mondi che si incontrano e che si fondono insieme. I giovani trasmettono la freschezza, la dinamicità, l’entusiasmo, l’ampiezza delle vedute, l’ingenuità e la purezza di chi deve ancora conoscere davvero la vita. Io invece cerco di trasmettere loro sicurezza attraverso la mia esperienza, ma anche un entusiasmo fortemente emozionale. Ancora oggi, quando realizzo uno storytelling, quando racconto una storia, un evento, alla fine le persone si alzano in piedi. Questo significa che parlo al cuore. Una serie di contaminazioni subliminali coinvolgono lo spettatore, lo emozionano e, distraendolo dal suo quotidiano, consentono al messaggio di raggiungerlo nel modo più onesto ed efficace. Mi rendo conto di essere particolarmente efficace quando colpisco dritto nel segno, quando vedo nello sguardo di chi è spettatore che quelle emozioni l’hanno raggiunto. A volte mi scende persino la lacrima. È una sensazione forte a cui ancora oggi non mi sono abituato… e ho sessantadue anni: la comunicazione emotiva fa parte della mia formazione.
SOGNI E DESIDERI CHE RICORDANO DA VICINO IL CONCETTO DI LEGGEREZZA TANTO CARO ALLO SCRITTORE ITALO CALVINO, CHE GLI DEDICÒ SPAZIO NELLE SUE LEZIONI AMERICANE. QUANTO VALE LA LEGGEREZZA DEI SOGNI IN PUBBLICITÀ?
La leggerezza è importantissima: nella pubblicità rappresenta il chilometro zero. In tempi in cui si professa la semplicità e la semplificazione come un credo, ma poi si finisce per creare tecnologie e situazioni sempre più complesse e complicate, è fondamentale. Tutto è condensato in pochi attimi fuggenti. Parlare leggero, parlare semplice, permette di stabilire un legame tra comunicazione e prodotto, un contatto basato sul valore e i benefici per il consumatore anche in frangenti brevissimi. Per questo la semplicità, l’immediatezza di un messaggio oggi sono ancora più importanti rispetto a ieri.
D’ALTRA PARTE I NUOVI LUOGHI DELLA COMUNICAZIONE NASCONDONO TUTTE LE INSIDIE DELLE TERRE INESPLORATE. METAVERSO, REALTÀ AUMENTATA, AMBIENTI 3D… POSSONO CONSERVARE L’EMOTIVITÀ DEL MESSAGGIO DELLA COMUNICAZIONE TRADIZIONALE?
Indubbiamente oggi il mercato è molto più frammentato rispetto a qualche anno fa, quando anche i media al massimo erano tre o quattro. Con l’esplosione di Internet i social media e l’inizio di una nuova era della comunicazione ci troviamo al cospetto di una miriade di canali che hanno caratteristiche e modalità molto diverse. La multicanalità permette di parlare ovunque nello stesso modo ma, al tempo stesso, non si deve snaturare il messaggio che si vuole comunicare. Intercettare il consumatore negli spazi virtuali e reali oggi è come navigare nell’oceano in tempesta senza rotta: sono fondamentali la visione e la consapevolezza di comprendere e anticipare i continui cambiamenti sociali che giorno dopo giorno mutano intorno a noi. Se guardiamo al passato i grandi navigatori ci insegnano ad andare
oltre per scoprire luoghi sconosciuti. Da una parte i nuovi media rappresentano nuove opportunità, ma nascondono anche le insidie e le meravigliose risorse delle terre vergini ancora tutte da esplorare.
Naturalmente il discorso va contestualizzato. Se qualcuno crede che per raggiungere il proprio obiettivo, per mandare a segno il messaggio, basti rappresentare la solita famiglia riunita a tavola, allora non c’è bisogno di complicarsi troppo la vita: basta copiare.
IN UNA PRECEDENTE INTERVISTA LEI HA TEORIZZATO UN MODELLO UNICO, UN MODELLO MENTALE, CAPACE DI RIUNIRE CLIENTE, PRODOTTO E CONSUMATORE, E DI LASCIARE RICONOSCIBILE L’IMPRINTING DELL’AGENZIA. È QUESTA LA CHIAVE PER ADATTARE IL MESSAGGIO AI NUOVI MEDIA?
Bisogna conoscere tutti i canali per poter coordinare al meglio questi tre elementi. Occorre essere capaci di innovare, e non semplicemente utilizzare solo quello che si ha a disposizione. Sperimentare, vivendo il nuovo che costantemente avanza e che ha accompagnato tutto l’arco di evoluzione professionale dell’agenzia. Bisogna domandarsi, ad esempio: quanto dura il messaggio su quel canale? Oggi assistiamo a pubblicità usa e getta: un messaggio passato in televisione dopo tre giorni è già dimenticato, sommerso da tutti quelli che sono venuti dopo. Su un giornale dura il tempo di una lettura. Su una pagina web, se non sa distinguersi dagli altri, ancora meno. Spesso mi chiedono: quale spot ricordi, tu che sei del settore? Al massimo me ne viene in mente uno. La verità è che le agenzie devono saper anticipare i cambiamenti sociali e svecchiare il modo di fare pubblicità. Solo la comunicazione diversa dalle altre riesce a emergere. L’advertising sta conoscendo i palinsesti della nuova comunicazione con continui salti temporali. Solo le agenzie che hanno capito le potenzialità dei nuovi mezzi messi a disposizione dalle tecnologie, e che guardano al futuro, potranno utilizzarle al meglio. Nel 2011, seguendo il mio istinto, posso dire di aver realizzato il mio metaverso prima del Metaverso. Uno scenario di realtà aumentata. Ero in Sicilia, a Sciacca. Avevamo registrato dei filmati, poi proiettati in una grande sala, dove il cliente protagonista della scena rappresentava i bisogni di un paziente che si muoveva attraverso un avatar all’interno di un ospedale ricostruito in 3D. Non era forse metaverso? Per questo il cliente si riconosce in FRI. Sa che verrà sempre sorpreso da qualcosa di nuovo. Prima è nato Facebook, poi è arrivato Twitter, quindi TikTok….. dopo chi ci sarà? Ieri il colosso di riferimento del cinema e della fotografia era Kodak. Oggi è Apple. E domani? Per me il cambiamento è un arricchimento personale, rappresenta nuove opportunità, l’adeguarsi a nuove sfide: quasi un divertimento. Uno strumento di crescita enorme. Il mondo è in continua evoluzione, e il ciclo di vita del creativo è una fiamma che non si spegne.
LE RICHIESTE DEL MERCATO CAMBIANO, LE MODE INVADONO LO SGUARDO E IL MESSAGGIO, MA LA SFERA ECONOMICA È PUR SEMPRE IL MOTORE DEL SETTORE. COME RIMODULARE LA COMUNICA- ZIONE IN TEMPI DOMINATI DA PANDEMIA, GUERRA E RECESSIONE?
È vero, in apparenza è diventato molto più difficile fare comunicazione. Ma per le agenzie più semplici che, come detto, adottano la leggerezza paradossalmente è diventato più facile. Penso a un’evidenza. Il mercato è cambiato, eppure abbiamo avuto sempre tante richieste di lavoro. Me lo domando: ci sarà un motivo? Personalmente, ho sempre cercato di fare selezione. Di non prendere tutti i lavori che mi offrivano. Fin dall’inizio FRI è si è posizionata come la boutique della creatività, l’hotel esclusivo a cinque stelle. Non abbiamo commerciali, ma un brand che racchiude attributi di valori costruiti per i nostri clienti in un mercato affollato. Un risultato ottenuto grazie a tutto ciò che ho fatto in passato, con sacrificio, impegno e dedizione e visione per un lavoro che mi dà la possibilità di comunicare a milioni di persone. Il brand FRI è sicurezza, evoluzione, innovazione… Va oltre la semplice agenzia di pubblicità. Di agenzie pubblicitarie è pieno il mercato. Bisogna sapersi distinguere. Avere il coraggio di andare controcorrente. Noi di FRI lavoriamo per il cliente, ma siamo molto proattivi. Proponiamo progetti che si basano su un nuovo modo di fare comunicazione, mettendo al centro risultati ai quali il cliente non può dire di no. Spiego meglio attraverso un piccolo aneddoto cosa significa essere proattivi. Prima dell’estate mi sono incontrato con un direttore creativo da inserire nel team FRI… Per capire le nostre dimensioni, a un certo punto mi chiede: “Ma voi quanti siete in FRI?” “Siamo in venti” – gli rispondo io. “Ma come, con tutte le attività che fate, siete solo in 20? Io ho lavorato in altre agenzie che contano almeno trenta-quaranta persone!” “Quaranta? Il mio gruppo è stato formato in un’ottica multifunzionale al fine di lavorare contemporaneamente su tre progetti. Ognuno di noi deve seguire tre percorsi contemporaneamente. Ecco: 20 moltiplicato tre fa 60. Siamo addirittura più grandi delle agenzie con cui lei ha già lavorato”. Una stanza con al centro un tavolo rotondo intorno al quale si possono riunire professionalità diverse: Copywriter e Art director, Graphic designer, Project manager…
Questo è il mio modello. Questa è la creatività. L’idea nuova che mi permette di catturare milioni di persone. La verità è che in alcuni settori, siamo molto avanti. Nell’area salute, ad esempio.
SPESSO LEI PARLA DEI BRAND, MA MAI DEI SUOI CLIENTI. COME MAI?
La scelta di parlare dei brand ma non dei clienti nel nostro portfolio è una scelta di protezione. Oggi la concorrenza è spietata. Uno è contro l’altro. Non ci interessa spifferare ai quattro venti con chi lavoriamo. Ci interessa invece che chi ci interpella sia felice del nostro lavoro e dei risultati ottenuti. D’altronde anche io per tanto tempo ho preferito restare nell’ombra. I risultati che ho raggiunto sono stati sempre fonte di una soddisfazione interiore, non voglia di apparire. Il brand per me è l’evoluzione naturale di un protagonista simbolico attraverso quel viaggio che raggruppa e custodisce le culture millenarie nel tempo. Gli antichi Egizi con i loro gerogrifici hanno affidato alla storia i segni di una cultura che ancora oggi vive, ci parla e ci riporta nell’antichità. Furono i Greci, attorno al 900 a.C., i primi a introdurre la grande innovazione della scrittura che, passando dalle dinamiche del tratto fenicio, ha poi delineato i tratti fondamentali utilizzati ancora nel nostro tempo. È da qui che inizia il viaggio del brand lungo i cambiamenti storici che hanno caratterizzato i popoli occidentali. Il brand come esplicito simbolo proprio di quella cultura millenaria dei popoli oggi rappresenta l’asset intangibile delle aziende che mettono al centro di tutto la creazione del valore che va oltre il segno grafico. Lavorando su concetti astratti e segni che assumono un significato sempre più in grado di evolversi durante un determinato ciclo di vita, portano il prodotto ad essere esempio perfetto di quella rappresentazione che altro non è se non il segno visivo che prende forma, si trasforma e si adatta ai mutamenti sociali caratterizzati dal tempo in cui viviamo.
LA NUOVA SEDE DI MILANO… UN PUNTO DI ARRIVO O DI PARTENZA?
Firenze resterà la sede storica, il quartier generale nel quale saranno concentrate la visione, la strategia e la produzione. Un ruolo importante. Qui nascerà la FRI Event, un reparto che racchiuderà il cuore del mio passato: i primi eventi, già alla fine degli anni ’80, racconti di storie che guidavano la mia creatività e dove la tecnologia non esisteva. Bisognava arrangiarsi e inventare l’impossibile per catturare ed emozionare il pubblico. Il nuovo polo di Milano, invece, sarà il centro della creatività, il futuro. Un obiettivo raggiunto dopo 40 anni, che rappresenta il trampolino che avvierà il nuovo corso. Il sogno che continua. Il sogno resta comunque centrale. Quando faccio i colloqui dico spesso ai candidati: “Se accetti la sfida, vieni in FRI. Se non l’accetti, non ci venire: prima o poi verrà fuori. Se vieni in FRI solo per soldi, hai sbagliato agenzia. Se vieni in FRI per realizzare insieme a me e all’azienda un grande sogno e grandi risultati, se accetti la scommessa di una piccola agenzia che si confronta ogni giorno con grandi concorrenti, sei il benvenuto. Se invece non sei convinto, lascia perdere”.
CHE RUOLO HA AVUTO SUO FIGLIO FILIPPO NELLA SCELTA DI APPRODARE A MILANO?
Mio figlio Filippo ha dato all’agenzia un cambio di marcia non da poco. Ha portato l’idea di passare da un’agenzia a un sistema azienda organizzato, strutturato, dove i valori – la trasparenza, l’onestà e la professionalità soprattutto – sono al centro dello stare insieme nel mercato. Ha studiato e lavorato per molti anni all’estero. Ha collezionato molte esperienze importanti per il mondo fino ad arrivare a un’azienda di dimensioni mondiali come Coca-Cola and Company. Alcuni anni fa, un giorno mi telefona e mi dice: “Papà, non voglio fare più questo lavoro. Vorrei fare altro. Vorrei lavorare con te. All’inizio non lo volevo…” Mi trovavo a pranzo con Erminio Maurizi, Amministratore Delegato del Gruppo Angelini, che conosceva bene Filippo. Fu lui a convincermi definitivamente che mio figlio aveva la stoffa e le attitudini per scegliere la sua strada. Così anche io mi sono persuaso e impegnato per guidarlo in un mercato affollato di agenzie, ma dove essere diversi fa la differenza. Devo dire che se in FRI Communication c’è un respiro internazionale il merito è il suo. Se oggi ci siamo aperti a eventi globali in cui abbiamo collegamenti da tutto il mondo, il merito è ancora suo.